7 giugno 2010

Canale Mussolini



Canale Mussolini è l'asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. I suoi argini sono scanditi da eucalypti immensi che assorbono l'acqua e prosciugano i campi, alle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi trovano rifugio. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce e punteggiata di città appena fondate, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord. Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi. A farli scendere dalle pianure padane sono il carisma e il coraggio di zio Pericle. Con lui scendono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile nello stabilire le regole di casa cui i figli obbediscono senza fiatare. Il vanitoso Adelchi, più adatto a comandare che a lavorare, il cocco di mamma. Iseo e Temistocle, Treves e Turati, fratelli legati da un affetto profondo fatto di poche parole e gesti assoluti, promesse dette a voce strozzata sui campi di lavoro o nelle trincee sanguinanti della guerra. E una schiera di sorelle, a volte buone e compassionevoli, a volte perfide e velenose come serpenti. E poi c'è lei, l'Armida, la moglie di Pericle, la più bella, andata in sposa al più valoroso. La più generosa, capace di amare senza riserve e senza paura anche il più tragico degli amori. E Paride, il nipote prediletto, buono e giusto, ma destinato, come l'eroe di cui porta il nome, a essere causa della sfortuna che colpirà i Peruzzi e li travolgerà. .

5 giugno 2010

Riportando tutto a casa



Giuseppe ha i capelli rossi, i brufoli e un'inesauribile riserva di denaro nel portafoglio. Vincenzo invece è bello e tenebroso, come ogni antagonista che si rispetti. Il terzo amico è quello che racconta: l'occhio inquieto che registra con caustica, millimetrica precisione la vertigine dei loro quindici anni, la lunga inerzia del liceo, il precipizio dentro l'età adulta. Siamo a Bari, e sono gli anni Ottanta. Assassinata l'era delle ideologie, le strade sono piene di ottimismo, le televisioni commerciali stanno ridisegnando la mappa dei desideri, "qualcosa di molto simile alla follia meteorologica percorre l'economia del nostro piccolo paese". Il tempo è rapido, vorticoso, illuminato dal bagliore non del tutto estinto dei tanti risparmi inceneriti. Ma sotto quelle ceneri ci sono altri soldi che bruciano dalla voglia di passare di mano in mano. Eppure, via via che i tre ragazzi affrontano la vita, risulta evidente che le cose non sono cosi semplici. A dispetto delle loro case sempre più lussuose, a dispetto dell'ascesa dei padri (un imprenditore ossessionato dalla scalata sociale, un principe del foro, un ex meccanico dai molti talenti che ha preso denaro in prestito dalle persone sbagliate), a dispetto delle madri - o delle matrigne - che consumano i tacchi davanti alle vetrine, il radar dei loro occhi adolescenti registra vibrazioni inaspettate. .

Milano è una selva oscura


"Che mi domando e dico: cos'ho mai fatto nella mia vita, oltre a scappare? Il Dante sorride tra sé mentre prova a rispondere... Che se la vita la fosse un catalogo, potrebbe scriverci: andato in guerra, dato lezioni, emigrato, sposato, diventato padre, ammalato, confinato, letto libri, scritto quatter patanflànn di poesie, viaggiato di notte su un camion per un sacco di riso e una tolla di latte condensato da portare alla Milena, urlato per i bombardamenti, gridato d'allegria nel sole di aprile, venduto libri, perduto il lavoro, finito sotto processo, ben pistaa in la pirotta, camminato... Insomma, una lista lunga, e non sempre di faccende volgari". Ma di tutto questo nella borsa "degli Avanzi" che porta a tracolla restano solo poveri "barlafus", destinati a finire insieme al Dante "in pasto ai vermi - ipotesi umile - o ai corvi - ipotesi romantica - o agli avvoltoi - ipotesi eroica - o ai piccioni - ipotesi terratèrra". Il Dante si sente diverso dalle altre lingére, che per paura e vergogna non amano mostrarsi e si rintanano nei loro cantucci. A fargli mantenere la testa alta è la cultura di cui nella sua famiglia adottiva si è nutrito fin da piccolo: non ha mai chiesto l'elemosina, e non frequenta neppure il refettorio della San Vincenzo; da quelle "dame del biscottino" "non ci va non ci va non ci va", perché dovrebbe in cambio fare il segno della croce. Lui preferisce accettare quello che la gente gli offre in cambio di un calembour, di una storia ben raccontata.

L'ubicazione del bene


A venti chilometri in automobile dal lavoro e dal supermercato, come accade ai bordi di ogni metropoli, la città continua e diventa un altro luogo: Cortesforza. Come la contea di Yoknapatawpha in Faulkner e la Regalpetra di Sciasela, Cortesforza è un luogo tanto più vero quanto più è immaginario. Qui si vive un esodo eterno, e la giornata è ridotta a tragitti in tangenziale verso casa. Il lavoro non si vede più, è dappertutto, ha invaso i comportamenti quotidiani, affettivi. Per dare un senso alle proprie esistenze, gli abitanti di Cortesforza accendono un mutuo, traslocano in una zona nuova o "mettono in cantiere un figlio". Ogni volta, però, lo svelarsi improvviso di una seppur piccola possibilità provoca una sconfitta irreversibile. Una commedia umana raccontata con sguardo lucido, impietoso, privo di giudizi. Nessuna apocalisse: solo un'inevitabile, comune disfatta.